Alimentazione e fibromialgia

La fibromialgia (o sindrome fibromialgica) è una malattia cronica non degenerativa di eziologia sconosciuta, che colpisce prevalentemente la popolazione femminile anche in età giovane (30-40 anni).

I sintomi principali sono dolore muscolo-scheletrico e forte affaticamento, ma i pazienti lamentano anche sonno non riposante, rigidità al risveglio, depressione, ansia e sintomi gastrointestinali simili alla sindrome del colon irritabile.
La terapia per la fibromialgia è, ad oggi, rivolta a lenire i sintomi: esistono alcuni farmaci usati in reumatologia che possono aiutare per il dolore cronico (in certi casi meno gravi, può essere controllato in modo efficiente anche da integratori).
La depressione viene affrontata grazie a percorsi psicoterapici e al bisogno antidepressivi.
I sintomi da colon irritabile possono essere alleviati dalla corretta alimentazione.

L’utilizzo di una terapia nutrizionale per alleviare i sintomi, colon irritabile a parte, è ancora controverso, sebbene qualche dato incoraggiante ci sia. Una review sistemica ha raccolto i dati di 7 studi relativi a fibromialgia e diversi approcci dietetici (dieta priva di glutine, dieta vegetariana raw, dieta low FODMAP, dieta ipocalorica e interventi dietetici privi di glutammato monosodico e aspartame); questi sono i risultati più importanti:

  • Una dieta ipocalorica, una dieta vegetariana raw o una dieta a low-FODMAP sembra possano migliorare il dolore e le ripercussioni funzionali. L’effetto benefico sembra essere esteso a qualità della vita in generale, qualità del sonno, ansia, depressione e biomarcatori infiammatori.
  • Un indice di massa corporea elevato è stato direttamente correlato al dolore e alle ripercussioni funzionali, suggerendo che l’obesità potrebbe influenzare i sintomi (gli adipociti producono citochine pro-infiammatorie che potrebbero prorogare il dolore). In particolare, uno studio relativo alla dieta ipocalorica ha mostrato una riduzione di IL6 e PCR (Proteina C Reattiva) dopo 6 mesi, che rivela l’impatto positivo di una riduzione del peso nella diminuzione dell’infiammazione. Chiaramente la perdita di peso deve essere integrata in un percorso opportuno e coadiuvata da un professionista competente: è molto elevato il rischio che una dieta dimagrante degeneri in un disturbo dell’alimentazione.
  • La diminuzione dei sintomi gastrointestinali associati ad una dieta a basso contenuto di FODMAP è stata correlata con un’attenuazione del dolore e delle ripercussioni funzionali, rivelando un possibile collegamento tra questi sintomi e i cambiamenti del microbiota intestinale.
  • È già noto che i sintomi gastrointestinali, come nausea, vomito e dispepsia, sono molto comuni nei pazienti con fibromialgia. Vari autori hanno suggerito che la persistenza dei sintomi descritti, insieme a cambiamenti nella qualità del sonno, depressione e dolore, possono essere correlati a modificazioni del microbiota intestinale e alla conseguente esistenza di SIBO (Small Intestinal Bacterial Overgrowth).
  • Molti dei sintomi sembrano essere associati a: alterazioni metaboliche, in particolare per quanto riguarda i cambiamenti nella composizione del microbiota intestinale e la conseguente presenza di SIBO, cambiamenti nell’asse ipotalamico, aumento del cortisolo, disfunzione mitocondriale, stress ossidativo e alterazioni del sistema nervoso centrale, con attivazione delle cellule gliali nel liquido cerebrospinale. In quest’ottica, una combinazione di diversi approcci dietetici che intervengono sulle alterazioni metaboliche potrebbero migliorare la sintomatologia.

Tuttavia, come ho già detto in passato, gli interventi di tipo dietetico sono per loro natura molto difficili da validare, il solo fatto che è impossibile eseguire interventi in doppio cieco aumenta il rischio di bias e rende i dati difficili da misurare.
I 7 studi coinvolti dalla review avevano una scarsa qualità statistica e alcuni grossi limiti: piccola dimensione del campione, metodologia diversa usata tra gli studi, mancanza di un gruppo di controllo, non randomizzazione del campione e, cosa altrettanto importante, la maggior parte degli studi non ha preso in considerazione possibili variabili confondenti (sesso, livello di dolore, farmaci) che possono influenzare l’associazione tra dieta e variabili legate alla malattia.

Sebbene gli interventi dietetici sembrino essere promettenti come terapie complementari nel trattamento della fibromialgia, i risultati di questa revisione dovrebbero essere interpretati con cautela e non è possibile trarre conclusioni incontrovertibili: i ricercatori si augurano maggiore precisione negli studi futuri.
In sostanza, un’alimentazione antinfiammatoria con attenzione particolare per l’intestino potrebbe essere di beneficio a chi soffre di fibromialgia.

Eccovi lo studio:

Dietary interventions in fibromyalgia: a systematic review

 

Dott.ssa Arianna Rossoni – Dietista esperta di alimentazione antinfiammatoria e fertilità, responsabile di EquilibrioDonna