Effetti collaterali del dimagrimento

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Si parla ancora molto poco degli effetti collaterali del dimagrimento, anche se spesso superano i vantaggi. Facciamolo oggi insieme.

Non serve che vi parli degli effetti positivi che in medicina sono generalmente associati al dimagrimento, vero? Gli studi che dimostrano che un calo ponderale può essere benefico per tutta una serie di condizioni e patologie sono decisamente la maggioranza.

Oggi vorrei iniziare a parlare con voi invece degli aspetti controversi e i rischi che riguardano proprio i percorsi di dimagrimento.

L’efficacia sul lungo termine

Potremmo discutere per ore riguardo l’efficacia dei metodi di dimagrimento, senza arrivare al punto. Potremmo parlare di quale è il migliore in termini di percentuali di adesione, di ricomposizione corporea, di parametri di salute…

Tuttavia è impossibile determinare l’efficacia di un metodo di dimagrimento sul lungo termine.

Basta partire dal fatto che solo il 20% delle persone sovrappeso che si mettono a dieta riesce a mantenere il calo ponderale (stimato ad almeno il 10% del peso iniziale) come minimo a distanza di un anno dal percorso di dieta. Questo significa che soltanto 1 persona su 5 non rimette il peso perso e se guardiamo a quello che succede 5 anni dopo, la percentuale si abbassa ulteriormente: meno di 1 persona su 5.

Insomma: sul lungo termine i percorsi di dimagrimento sono inefficaci nel 90-95% dei casi. La perdita di peso non viene mantenuta, di conseguenza si annullano anche i possibili benefici sulla salute.

Buone abitudini o schematismi?

Le persone che non riacquistano il peso perso rappresentano soltanto il 2-5% del campione, e questo a prescindere dal tipo di dieta. Andiamo quindi a osservare *come* è possibile mantenere la perdita di peso.

La review a cui mi riferisco all’interno di questo articolo indica quali abitudini hanno permesso di non riprendere peso sul lungo termine:

  • Una dieta ipocalorica e povera di grassi
  • Almeno un’ora al giorno di attività fisica
  • Monitoraggio del proprio peso corporeo
  • Controllo scrupoloso delle abitudini alimentari (anche durante i weekend e il tempo libero).

Abitudini salutari? Abitudini rigorose? Anche in questo caso ci è impossibile dirlo.

Escluso l’esercizio fisico (potrebbe trattarsi di un’ora di passeggiata per distendere i nervi!), dieta ipocalorica, rigidità alimentare, continui check del peso/corpo sono comportamenti che generalmente vengono associati ai Disturbi del Comportamento Alimentare – anche borderline.

Effetti collaterali del dimagrimento

Che la perdita di peso venga mantenuta o meno, più del 95% delle persone sovrappeso o con obesità che si sono messe a dieta incontra gli effetti collaterali del dimagrimento stesso, che riguardano soprattutto la sfera comportamentale e psicologica (ma non solo!).

Qualche esempio?
Intraprendere un percorso di dimagrimento:

  • Aumenta il rischio di sviluppare un rapporto disfunzionale verso il cibo e il proprio corpo;
  • Facilita la ripetizione di cicli di perdita/acquisizione di peso, meglio conosciuto come yo-yo dieting: una pratica che non riduce il fattore di rischio per la salute, ma lo aumenta. Infatti ogni volta che la persona riprende il peso perso, si registra un aumento dello stato di infiammazione di basso grado, aumenta anche la possibilità di sviluppare insulino-resistenza, ipercolesterolemia, dolore articolare e steatosi epatica.
  • Fa abbassare l’interesse verso altri obiettivi personali di salute (perché ci si concentra solo sul peso!)
  • Aumenta il rischio di Disturbo del Comportamento Alimentare;
  • Favorisce la stigmatizzazione del peso corporeo e riduzione dell’autostima (banalmente: se perdo peso sono “forte”, quando lo riprendo mi sento “debole, inefficace, perdente”)

I motivi per cui si parla ancora molto poco degli effetti collaterali e dei rischi delle diete sono vari:

  • Ragioni economiche (la diet culture alimenta ancora fortemente l’industria del benessere: alimentazione, movimento ma anche integrazione, beauty…)
  • Scarsa informazione
  • Ragioni sociali: la stigmatizzazione del peso (quando non conforme) e grassofobia sonodiventate sistemiche nella società contemporanea.

L’alternativa: mettere *davvero* al centro la salute

Per fortuna, negli ultimi anni ha iniziato a diffondersi (non senza difficoltà!) una controcultura della dieta che punta a obiettivi di salute che non riguardano la perdita di peso: si tratta delle metodologie raggruppate sotto l’acronimo HAES (Health At Every Size).

Per il mondo della nutrizione, ancora spesso immerso nella cultura della dieta, questi approcci rappresentano una boccata d’aria!

  • Promuovono un concetto neutrale del peso corporeo, senza definirlo a priori un fattore di rischio nel momento in cui non rispettasse certi standard clinici
  • Permettono di guidare il paziente verso un percorso di salute nel quale il peso non è una priorità, ma (eventualmente!) una conseguenza
  • Non si parla di peso ideale ma di *peso naturale*: un range di riferimento di equilibrio psicofisico, soggettivo e dipendente da predisposizione genetica,  fattori ambientali e dalla storia personale

Diversi studi dimostrano come gli approcci HAES permettono di raggiungere successi di salute più solidi e duraturi rispetto ai percorsi che hanno come obiettivo la perdita di peso.

  • Miglioramento di misurazioni fisiologiche come pressione sanguigna e profilo lipidico ematico;
  • Comportamenti associati a uno stato di salute positivo (ad esempio qualità dietetica autodeterminata)
  • Ricadute positive nei rapporti sociali e affettivi, autostima, percezione dell’immagine corporea.

Spero, con l’articolo di oggi, di aver aperto uno spiraglio rispetto agli effetti collaterali del dimagrimento e alle possibili alternative. Non solo per i professionisti della nutrizione (a cui sarà dedicato il nuovo corso ecm in partenza a metà maggio!) ma anche alle persone, alle pazienti, che sono stanche di sentirsi in lotta con il loro corpo.

Tratterò spesso questo argomento nei prossimi mesi!

Fonti: