Il post parto e il mito della madre perfetta

L’articolo di oggi è stato scritto dalla Dott.ssa Sara Baggetta, psicologa specializzata in Psicologia Perinatale.

La matrescenza

L’arrivo di un figlio è gioia, crescita e arricchimento – ma è anche tanto altro. Vivrai momenti bellissimi, indimenticabili! Ma in altri ti sentirai persa: niente ti sembrerà familiare, tutto cambierà (dal tuo corpo alla routine quotidiana, le tue priorità, i tuoi obiettivi di carriera, le tue relazioni). Ti sentirai confusa, persa, impaurita.

Prima della maternità, eri solo tu. Quando è nato il tuo bambino/a sei nata anche tu come madre, e tutto questo innesca una crisi di identità.
L’antropologa Dana Raphael ha coniato il termine matrescenza per descrivere tutti i cambiamenti fisici, psicologici ed emotivi che avvengono in questa nuova stagione naturale della vita di una donna che diventa madre.

Gran parte della nostra preparazione alla maternità è incentrata sui nostri piccoli, su come accoglierli nel migliore dei modi, su come gestire il dolore del parto, su come preparare il corredino perfetto. In realtà, ancora prima di rimanere incinta, assorbiamo ogni tipo di messaggio su come essere una brava madre, su come ci si prende cura di un bambino e cosa dovrebbe fare/non fare un neonato.

Le informazioni sono spesso date con un implicito atteggiamento giudicante: sembra esserci un modo giusto e uno sbagliato di far nascere un bambino, pare che l’allattamento al seno sia facile e naturale – e che chi non allatta sia ’sbagliata’; in generale, qualsiasi scelta educativa o parentale sembra dividersi in “buona” e “cattiva”.
Ma soprattutto, sembra che nel momento stesso in cui vedrai per la prima volta il tuo bambino, sarai pervasa da un istinto materno totalizzante: un istinto talmente forte che ti guiderà nelle scelte e che ti indicherà la via giusta (“la mamma lo sa!”). Una mamma brava è sempre grata e positiva, una mamma brava non fa fatica a rinunciare a sé stessa, una mamma brava farà le scelte più opportune che le garantiranno un bambino perfetto (che dorme tutta notte, che non ha coliche, che non fa ‘i capricci’, che è sempre sorridente e pacifico).

Questi, ahimè, sono solo miti legati alla maternità: la realtà è che il diventare madre è un passaggio difficile, che lascia la maggior parte di noi frustrate, confuse, disconnesse e sole. E questo non perché le donne di oggi siano più fragili rispetto alle generazioni precedenti, ma perché finalmente stiamo acquisendo una maggior consapevolezza che il diventare madre non è un passaggio naturale e facile, ma richiede un tempo per adattarsi a questo nuovo ruolo.

Provare un profondo senso di vuoto e solitudine mentre perdi una parte di te stessa è normale: va bene, non sei una madre cattiva. Tutti i cambiamenti portano con sé una forte crisi; dobbiamo lasciare andare alcuni aspetti della nostra vita precedente per accogliere ciò che di nuovo la vita ci sta donando: non possiamo né tornare nella condizione di prima né estendere ogni aspetto della vita di prima a quella da neo-mamma. Questo porta con sé smarrimento e tristezza.
Per elaborare tutto questo puoi provare a tenere un diario e condividere con una cara amica o con il tuo partner tutte le tue emozioni, dubbi e paure.

Il mito della “mamma perfetta”

La nostra cultura è ancora permeata da molti miti legati alla maternità che ci condizionano. La nostra autostima come madri si basa su queste aspettative ideali che abbiamo interiorizzato attraverso modelli materni vicini a noi: immagini di madri ideali su film, serie tv, pubblicità, social-media. Lo dico senza se e senza ma: questi ideali non sono realistici, e rischiano di rendere le nostre aspettative troppo alte ed irraggiungibili. Solo mettendo in discussione questi miti cominceremo a interrogarci sul messaggio di fondo, e a rimodellare la nostra definizione di maternità.

Tutti hanno un’opinione su come e cosa dovrebbe fare un genitore. Oggi giorno anche i social-media non aiutano le mamme, e anzi accendono la competizione. Spesso vediamo tutto quello che non siamo: perché le altre mamme riescono ad essere sempre amorevoli e pazienti? Perché portano al parco i bambini perfettamente truccate e piene di gioia a giocare con loro? Dove trovano il tempo di cucinare manicaretti e anche ritagliarsi ’tempo per sé’ o per la coppia? Perché loro sì, e io no?

… Ma è davvero così? Possiamo basare il nostro giudizio di una madre solo su alcuni minuti di video o su una bellissima foto?

Se iniziamo a confrontare le nostre vite con “le loro” vite, ci confrontiamo con quello che diventa uno standard da rispettare, l’ideale da raggiungere. Con questo confronto definiamo come dovrebbe essere una “brava mamma” – e di conseguenza come dovrei essere io. Siamo in sovraccarico di informazioni e sentiamo che non stiamo facendo abbastanza. o che non sappiamo abbastanza. E quando diciamo di voler essere una “brava mamma”, ciò a cui in realtà stiamo miriamo è la perfezione.

A volte pensiamo che basti prendersi un momento per sé, concedersi un bel bagno caldo, una passeggiata con le amiche di sempre, una giornata in spa o guardare la nostra serie tv preferita, per staccare un po’ la spina e ritrovare un equilibrio. Tutto questo sicuramente ci aiuta ad allentare l’ansia e la rabbia, ma siamo sicuri che sia abbastanza? A volte sì, altre volte è necessario andare più a fondo e riflettere su cosa significhi per te essere una “brava madre”.

Il pediatra e psicoanalista Donald Winnicott, coniò il termie della “madre sufficientemente buona”, con il quale indica un approccio alla genitorialità che implica l’essere sensibili, reattivi e adattivi ai bisogni e alle capacità di sviluppo dei nostri figli. E’ in diretto contrasto con il genitore perfetto, perché sottintende che *è possibile e normale* riconoscere che non puoi essere perfetta, e che questo va bene!

Winnicott si spinge anche oltre: afferma che per i figli vedere che i genitori hanno dei limiti è un aiuto in più per diventare adulti più sani e adattivi. Pensateci: è più sano un bambino che cresce con il confronto costante rispetto al genitore ‘perfetto’, o quello che impara a riconoscere i limiti del proprio papà e della propria mamma?

Se siete neomamme probabilmente vi sarete già confrontate con i limiti del “modello perfetto”: vi sarete accorte che la genitorialità è diversa da come viene idealmente dipinta.

Se invece siete in dolce attesa, non dovete né idealizzare quello che vi aspetta, né temere che la vostra vita diventerà un incubo: semplicemente, preparatevi ad accogliere il cambiamento. E ricordate che l’obiettivo non è essere una madre “perfetta” ma essere una “madre sufficientemente buona”.