Sono tutte Reazioni Alimentari Avverse (AFR) ma le distinzioni sono fondamentali, sia perché non esiste un solo tipo di intolleranza, sia perché intolleranze e allergia (pur avendo sintomi simili e in alcuni casi sovrapponibili) vengono innescate da diverse componenti dello stesso alimento e scatenano reazioni diverse nel corpo.
Inevitabile quindi che abbiano bisogno di soluzioni dietetiche molto differenti!
Cosa si intende per intolleranza e allergia
Le Reazioni Immunomediate (cioè le allergie alimentari e la celiachia) sono generalmente scatenate dalle proteine alimentari, mentre la grande maggioranza delle Reazioni Alimenti Avverse (AFR) non immunomediate deriva da intolleranze ai carboidrati (lattosio, fruttosio e altri).
In età pediatrica, l’intolleranza ai carboidrati più comune è quella al lattosio (uno zucchero), che rappresenta la maggior parte dei carboidrati alimentari assunti durante la primissima infanzia.
Per intolleranza al lattosio si intende una ridotta capacità di digerire questo zucchero: è una sindrome con diversi sintomi che si presentano dopo aver consumato alimenti che contengono lattosio, e che si verifica quando l’attività della lattasi nell’intestino tenue è ridotta. Possono esserci vari gradi di intolleranza, con sintomi più o meno gravi: il lattosio non digerito fermenta nell’intestino tenue portando dolore addominale, gonfiore, flatulenza e diarrea con una notevole variabilità nella gravità delle manifestazioni cliniche. L’intensità dei sintomi è direttamente proporzionale alla quantità di lattosio ingerita.
Si riconoscono tre tipi di intolleranza:
- Congenita
- Primaria
- Secondaria
I tipi di intolleranza al lattosio
Carenza congenita di lattasi (CLD)
Una malattia intestinale congenita recessiva estremamente rara causata dall’assenza di attività della lattasi dalla nascita.
Intolleranza primaria al lattosio o deficit di lattasi di tipo adulto
Una condizione comune che risulta da un cambiamento regolato dallo sviluppo dell’espressione del gene della lattasi. In parole povere l’espressione della lattasi intestinale cade bruscamente, rendendo i latticini difficili da digerire verso la fine dell’infanzia o nell’adolescenza. È il tipo più comune di intolleranza al lattosio ed è geneticamente determinato. Diverse variabili individuali possono influenzare lo sviluppo dei sintomi nei soggetti con lattasi non persistente: dose di lattosio nella dieta, tempo di transito intestinale, espressione della lattasi, distribuzione e capacità di fermentazione del microbiota intestinale, sensibilità alla stimolazione chimica e meccanica dell’intestino e fattori psicologici.
Deficit secondario di lattasi
Una condizione transitoria che deriva da un danno intestinale dovuto a condizioni patologiche che causano danni all’intestino tenue (infezioni, allergie alimentari, celiachia, sovracrescita batterica dell’intestino tenue, morbo di Crohn o enterite indotta da radiazioni o chemioterapia) e che possono indurre una riduzione dell’espressione della lattasi determinando una carenza secondaria.
Anche l’allergia al latte vaccino può causare una carenza secondaria, con sintomi simili a quelli dell’intolleranza ma conseguenze più gravi.
La differenza tra intolleranza e allergia al latte vaccino
Partiamo da alcune caratteristiche che vedete riassunte in questo schema:
Come già detto l’intolleranza al lattosio è una Reazione Alimentare Avversa (AFR) non immunomediata, mentre l’Allergia al Latte Vaccino (CMA) è una delle forme più comuni di allergia alimentare (“AFR immunomediata”) in particolare nei primi anni di vita.
I trattamenti
Il perno del trattamento di entrambe le reazioni è l’eliminazione dell’alimento scatenante dalla dieta, con caratteristiche diverse.
In caso di allergia al latte vaccino
Nelle reazioni avverse indotte da allergia, anche piccole dosi di proteine possono causare sintomi, quindi la gestione si basa sullo stretto evitamento dei peptidi allergenici derivati dal latte vaccino nella dieta.
In caso di intolleranza
Al contrario, nell’intolleranza al lattosio si raccomanda una riduzione dell’assunzione di lattosio piuttosto che una completa esclusione, perché i dati disponibili suggeriscono che gli adolescenti e gli adulti possono solitamente ingerire fino a 12 g di lattosio in una singola dose (equivalente a una tazza di latte, corrispondente a 240 mL) senza sintomi o con sintomi minimi. Quindi, in questi pazienti il trattamento dietetico consiste solo in una dieta a basso contenuto di lattosio: ciascun soggetto intollerante può valutare la propria soglia in modo soggettivo, e decidere se e come continuare a consumare alimenti derivati dal latte.
- Nell’intolleranza primaria, i latticini contenenti lattosio sono generalmente evitati per 2-4 settimane, il tempo necessario per indurre la remissione dei sintomi. Successivamente, si dovrebbe raccomandare una reintroduzione graduale di prodotti lattiero-caseari a basso contenuto di lattosio fino a una dose soglia di tolleranza individuale.
- Nell’ipolattasia secondaria, una dieta ristretta è necessaria solo per un tempo limitato.
- Nella rara forma di CLD, una dieta completa senza lattosio è necessaria per tutta la vita.
Nella gestione dei pazienti intolleranti al lattosio, è importante considerare che l’intolleranza può essere parte di una più ampia intolleranza a oligo-, di-, monosaccaridi e polioli fermentabili ad assorbimento variabile (FODMAPs). Questa è presente in un’alta percentuale di pazienti con sindrome dell’intestino irritabile e questo gruppo richiede non solo la restrizione dell’assunzione di lattosio ma anche una dieta a basso contenuto di FODMAP per migliorare i sintomi gastrointestinali.
Lattosio e bambini
Nei supermercati si trovano facilmente prodotti etichettati senza lattosio e il consumo di latticini sta diminuendo in tutto il mondo.
Il National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) ha riportato che circa il 5% dei neonati ha ricevuto formule a ridotto contenuto di lattosio nei soli USA tra il 2003 e il 2010, e questa tendenza è in aumento. Una motivazione comune per l’uso di formule per neonati senza lattosio è che si presume che i neonati siano intolleranti al lattosio, anche se ci sono poche o nessuna prova che le formule a ridotto contenuto di lattosio siano benefiche.
Prove preliminari mostrano che l’eliminazione del lattosio dalla dieta dei neonati è svantaggiosa per lo sviluppo di un microbioma intestinale sano e un diverso profilo metabolico plasmatico nei bambini alimentati con formula senza lattosio.
La preoccupazione per l’intolleranza al lattosio e la diarrea osmotica nel trattamento dei bambini denutriti ha portato a un uso limitato del lattosio in questi pazienti. Anche nei bambini ben nutriti, le formule a basso contenuto di lattosio sono spesso utilizzate nei bambini con diarrea persistente. È utile trovare un equilibrio in cui la quantità di lattosio nel cibo non induca la diarrea osmotica, ma possa aiutare a raggiungere gli effetti benefici del lattosio. Sono necessari studi clinici per definire meglio i livelli dietetici di lattosio sicuri e appropriati per i bambini moderatamente e gravemente denutriti.
Conclusione
Le diete “senza _____ ” vanno di moda.
Una dieta senza lattosio dovrebbe essere prescritta solo quando si ottiene una vera diagnosi di intolleranza al lattosio.
Va comunque sottolineato che soggetti con intolleranza primaria o secondaria che volessero escludere completamente i latticini (per gusto, disabitudine o altri motivi) non vanno incontro ad alcun problema sul lungo termine, in particolare il rischio di carenza di calcio non sussiste: in molti credono che senza latticini ci possa essere un rischio per la mineralizzazione ossea, ma si tratta di una falsa credenza. Fortunatamente il calcio è contenuto in tantissimi alimenti, e con il consiglio di un professionista della professione sarà facile assicurarsene l’assunzione.
Tutti i dati sono presi da questo studio di riferimento: Lactose Intolerance: Common Misunderstandings
Dott.ssa Arianna Rossoni – Dietista esperta di alimentazione antinfiammatoria e fertilità, responsabile di EquilibrioDonna