La speranza di vita delle persone nei paesi ad alto sviluppo segue un trend positivo.
Se nel 1980 (in Italia) era di 73 anni, oggi è di 83. Pari passo all’aumento dell’età media, procede la ricerca sui meccanismi alla base dei processi di invecchiamento: per cercare di migliorare la qualità della vita quanto più possibile e per “rallentare” alcuni fenomeni fisiologici.
In ambito di nutrizione, molto interessanti e stimolanti sono i dati a nostra disposizione.
Ad esempio, è da diversi anni che si è a conoscenza dell’effetto anti-ageing dei protocolli di restrizione calorica: attenzione, non stiamo parlando semplicemente di ‘diete per dimagrimento’, bensì di metodiche adottabili anche da persone normopeso, non per dimagrire, bensì per rallentare i processi di invecchiamento cellulare. Non è cosa da poco: nella nozione comune, la scienza anti-ageing ha finalità meramente estetiche (chi non vorrebbe la pelle sempre giovane?!); in realtà, quello a cui si vuole ambire è ben più alto: il miglioramento della qualità di vita, ritardando processi di invecchiamento cellulare, riducendo il rischio di malattie ed ottimizzando le capacità di rinnovamento dei tessuti sofferenti.
In una meta-analisi molto interessante sono stati analizzati i risultati di tre interventi notoriamente anti-aging, ossia la restrizione calorica, l’uso di alcuni farmaci e la manipolazione genetica; i dati raccolti sono in relazione ad una moltitudine di specie: dai lieviti ai primati (l’uomo è escluso dagli studi, per motivi etici legati all’adozione di strategie di manipolazione genetica).
La meta-analisi ci dice che la restrizione calorica e la manipolazione genetica hanno un maggior potenziale di rallentare la senescenza. Anzi, su uno in particolare degli organismi oggetto di studio, la restrizione calorica si è rivelata addirittura migliore.
Potrebbe sembrarvi una cosa insignificante, ma pensate a quanto possa essere importante questa piccola scoperta: la manipolazione genetica sui mammiferi è rischiosa, anti-etica e problematica, non è una strada facile da percorre. Sapere che la restrizione calorica rappresenta una valida alternativa permette di proseguire la ricerca in relativa sicurezza. Naturalmente intervenire sulle calorie significa intervenire sulla dieta e, di conseguenza, sulla qualità della vita – un protocollo di restrizione troppo rigoroso non verrebbe rispettato. E’ per questo che la strategia scelta è quella di concentrarsi su esperimenti che riguardano la composizione della dieta, il digiuno intermittente e pratiche che mimano la restrizione calorica.
Dall’analisi è emerso anche che gli agenti ipoglicemizzanti e gli antiossidanti, proteggendo la membrana cellulare e gli organelli dai danni dei radiacali liberi, sono in grado di preservare la struttura demografica di una popolazione e rallentarne l’invecchiamento.
Il professionista della nutrizione può usare il potenziale di queste conclusioni in modo positivo e personalizzato per i propri pazienti: prima di tutto ciclizzando i periodi di restrizione calorica, così da non farla essere pesante; in secondo luogo, valutando con attenzione, caso per caso, se l’applicazione di protocolli di deficit calorico sia effettivamente utile, o rischi invece di predisporre ad atteggiamenti ortoressici. Ad esempio, le indicazioni di restrizione in ottica anti-ageing sono sicuramente utili in caso di familiarità con patologie cardiache o neurodegenerative, o in caso di malattie mitocondriali; altresì, le stesse indicazioni sono pericolose per soggetti a rischio di DCA.
Ecco il link allo studio: