L’articolo di oggi prende spunto da uno studio del 2016 relativo agli effetti dello stress ossidativo sulla fertilità femminile.
Ho deciso di spezzarlo in due parti: oggi affronteremo le basi dei processi, domani parleremo della correlazione tra ossidazione, metilazione, fertilità e alimentazione.
Mi sentite spesso parlare di alimentazione antinfiammatoria e dei suoi effetti positivi su diversi aspetti che hanno a che vedere con la nostra salute: non sarà quindi una sorpresa se ve ne parlerò anche in relazione alla fertilità. Nello specifico, oggi vi parlerò di ossidazione, infiammazione, metilazione e fertilità: non temete, ci sarà una parte ‘tecnica’ per professionisti e una traduzione ‘pratica’ per i non addetti ai lavori.
Le più recenti ricerche hanno dimostrato che lo stress ossidativo colpisce i gameti sia maschili che femminili, e che può avere interferenze negative sulla capacità di sviluppo degli embrioni, al punto che il suo effetto può continuare fino alle ultime fasi della gravidanza. Non è solo l’ossidazione ad essere un problema, ma anche la “cattiva” metilazione.
La metilazione del DNA è una modifica epigenetica del DNA stesso. Ve la faccio breve (perdonatemi se semplifico): la metilazione non è una modifica vera e propria del DNA, ma una sorta di “condizionamento” che permette al DNA di esprimere o meno le sue potenzialità. Immaginate di avere un gene che “codifica” perché voi abbiate i capelli castani, ma che l’invecchiamento vi porti ad averli bianchi: questo cambiamento è derivato (anche) da reazioni di metilazione. I vostri geni continueranno a contenere l’informazione ‘castano’, ma la manifestazione sarà di altro tipo.
La metilazione è un processo assolutamente naturale e fisiologico; a volte, alcuni tipi di metilazione sono negativi.
Ad esempio, in relazione alla riproduzione, è stato dimostrato che maggiore è l’età materna, maggiore è la possibilità di disregolazione della metilazione negli ovociti, aumentando il rischio di mancato attecchimento endometriale dopo la fecondazione, di aborto e di problemi nel bambino (a livello metabolico e neurologico). Purtroppo e tristemente, è il motivo per cui si sa che dopo i 38-40 anni la fertilità femminile è più bassa rispetto alle due decadi precedenti (gli ovociti ‘invecchiano’ insieme alla donna, hanno la sua stessa età, e sono suscettibili di danni alla metilazione a causa dell’invecchiamento).
[Piccola nota a parte: è per questo motivo che negli ultimi anni si sta suggerendo a donne giovani con patologie infiammatorie di pensare alla conservazione degli ovociti; insistere a spingere verso una gravidanza entro i 30 anni a tutela della qualità ovocitaria sappiamo bene essere assurdo anche solo a livello etico! Le nuove tecniche di procreazione assistita permettono di dare la possibilità di crioconservare ovuli giovani, per avere un “piano B” qualora la donna cercasse una gravidanza dopo i 35-38 anni e nel frattempo la patologia di cui soffre abbia progredito a livello di metilazione e stress ossidativo, danneggiando gli ovuli e abbassando le possibilità di concepimento naturale.]
Gli studi ci dicono che ci sono diversi fattori di rischio per la metilazione del DNA: disturbi metabolici, problemi psichiatrici, stress ossidativo e invecchiamento sono quelli più determinanti. Anche i disregolatori endocrini ambientali (come ad esempio alcuni pesticidi e i derivati della plastica) possono aumentare lo stress ossidativo e gli errori di metilazione.
Diversi studi hanno dimostrato che l’esposizione della mamma a interferenti endocrini, prima e durante le prime fasi della gravidanza, può determinare sia un aumento dello stress ossidativo sia una disregolazione della metilazione, portando a un maggior rischio per il feto (rischio che può protrarsi anche nel bambino una volta nato, in relazione all’insorgenza di sindrome metabolica e deficit cognitivi).
In relazione alla PMA, le ricerche ci dicono che l’esposizione della donna al bisfenolo A (BPA), uno dei più diffusi interferenti, può portare ad una più scarsa risposta ovarica durante stimolazioni all’ovulazione in percorsi di PMA, e ad un minor numero di ovociti recuperati per ciclo, oltre che a un’inibizione della crescita dei follicoli. Addirittura sembra essere coinvolta nel problema della menopausa precoce (la POF).
Proteggersi dai BPA non è facile, essendo strettamente correlati all’esposizione alla plastica: virare verso una vita ‘plastic free’ non può fare altro che bene; in cucina, possiamo sostituire contenitori fatti di plastica con quelli di vetro, ceramica e acciaio; possiamo informarci circa l’acquisto di acqua in bottiglie di vetro con vuoto a rendere, eliminare la pellicola trasparente in favore di pellicole prodotte con cera d’api ed evitare il più possibile di acquistare alimenti conservati nella plastica.
Se l’integrazione di antiossidanti per tutelare la qualità ovarica è ancora dubbia (ne parliamo a breve), abbiamo più materiale a sostegno della supplementazione per diminuire la disregolazione della metilazione. In particolare, si può consigliare metilcobalamina e metilfolato.
Parliamo nello specifico di cosa si intende quando si parla di stress ossidativo.
La formazione di specie reattive dell’ossigeno (i ROS, i famosi ‘radicali liberi’) è assolutamente naturale e fisiologica: avviene in tutti gli organismi viventi, perché è una conseguenza diretta della produzione energetica. Se vuoi vivere, se vuoi avere energia, non puoi esimerti dal produrre radicali liberi.
Il corpo è perfettamente in grado di far fronte alla produzione di ROS, neutralizzandoli attraverso l’azione antiossidante endogena (in particolare la superossido dismutasi e la glutatione perossidasi). Il problema avviene quando si verificano condizioni che rendono il corpo meno in grado di produrre antiossidanti: in questo caso si verifica lo stress ossidativo, in cui la bilancia tra “produzione di ROS” e “neutralizzazione” pende a sfavore della neutralizzazione.
Le patologie caratterizzate da low grade inflammation (basso grado di infiammazione sistemica) hanno all’origine proprio questo problema riguardante l’ossidazione: mi riferisco ad esempio a endometriosi, diabete, ovaio policistico, e sembrerebbe anche patologie neurodegenerative e, in parte, malattie oncologiche. Molto banalmente, lo stress ossidativo è alla base dell’invecchiamento cutaneo: i famosi “coenzima Q10” e “vitamina E” contenuti in tante creme cosmetiche svolgono proprio l’azione di antiossidanti cutanei.
In relazione alla fertilità, sia maschile che femminile, la scienza ci dice che i gameti *devono* avere la capacità di produrre ROS (altrimenti non sarebbero vitali!) e proprio questa capacità permette il fenomeno della fecondazione e dell’attecchimento. Purtroppo, molte coppie hanno problemi riguardanti la compensazione dei radicali liberi attraverso gli antiossidanti: per questo possono esserci danni ossidativi a livello spermatico e ovocitario. Sulla scorta di queste conoscenze, sono stati proposti protocolli di integrazione dall’esterno di antiossidanti, per poter tutelare la qualità spermatica e ovocitaria e migliorare le possibilità di impianto embrionale (sia durante fecondazione assistita che in caso di gravidanza naturale).
Tuttavia, i risultati della supplementazione di antiossidanti sono contrastanti: inevitabilmente è così! Per alcune donne funzionano e per altre no.
Non dimentichiamo che per poter garantire l’attecchimento endometriale è necessaria una piccola quota di infiammazione: quando si cerca di mettere tutto a tacere con ‘troppi’ antiossidanti, il risultato non è positivo. Gli antiossidanti vanno calibrati con saggezza in base alla situazione personale della donna. La stessa cautela è necessaria quando si parla di protocolli terapeutici per la PMA: ad esempio, a volte viene suggerito di usare deltacortene per spegnere un’infiammazione eccessiva (soprattutto quando associata ad autoimmunità), ma non è un farmaco da usare di default durante la procreazione assistita, perché in molti casi potrebbe addirittura abbassare le possibilità di successo.
Esistono marcatori di stress ossidativo? Ossia, è possibile misurare il nostro livello di ossidazione?
Sì: certamente non sono esami di routine, ma esistono. Parliamo del 8-oxo-2′-deossiguanosina, un marker di ossidazione al DNA, e della malondialdeide, originata dalla perossidazione lipidica.
I marcatori inorganici includono livelli eccessivi di ferro (Fe) e rame (Cu). Un elevato rapporto Cu / Zn è un buon indicatore di stress, ed è sicuramente un’indagine più a basso costo rispetto alle due precedentemente citate.
Quali sono gli antiossidanti prodotti dal nostro corpo?
Per far fronte all’ossidazione e alla produzione di ROS il nostro corpo vanta difese antiossidanti molto potenti. Vi cito quelle più importanti: vitamina A, vitamina E, vitamina C, acido urico, cisteina, puruvato, ipotaurina, e glutatione (GSH). Anche rame e zinco (superossido di zinco) proteggono dai ROS.
La via più importante è la catena del glutatione, che interviene in modo significativo anche sui gameti maschili e femminili. Pensate che la capacità di produrre il glutatione è talmente importante che diverse ricerche scientifiche ne correlano la carenza con una maggior severità dello sviluppare sintomi dopo infezioni batteriche e virali (sembrerebbe anche in relazione al Covid-19).
Si può supportare la produzione di antiossidanti endogeni?
Beh… Dipende.
Possiamo certamente pensare di consumare alimenti ricchi di antiossidanti (in particolare per quanto concerne le vitamine A-C-E), e in parte anche ipotizzare opportuna supplementazione. Tuttavia, incontriamo diversi limiti: ad esempio, la biodisponibilità degli antiossidanti. Diverse aziende farmaceutiche commercializzano integratori di glutatione, ma purtroppo la sua biodisponibilità una volta ingerito è molto limitata: la forma migliore è il costoso glutatione liposomiale, il cui costo è tuttavia proibitivo per una supplementazione a vita. Infatti, in genere lo si consiglia solo in protocolli antiossidanti “di impatto”, o per breve periodo dopo certe lunghe terapie farmacologiche che tendono ad abbassare le capacità di produrre glutatione endogeno. Ad esempio l’uso di FANS e paracetamolo ‘esaurisce’ il glutatione.
In ogni caso gli antiossidanti da integrazione vanno dosati con cognizione di causa: come abbiamo visto è controproducente anche avere ‘troppo’ potenziale antiossidante, un minimo di ossidazione è fisiologico e benefico.
Ritorniamo al tema della fertilità!
I due ormoni che regolano l’ovulazione, FSH e LH, hanno effetti quasi opposti in relazione agli antiossidanti; FSH (follicolo-stimolante) stimola la sintesi di glutatione e protegge dai ROS, mentre invece il picco di LH pre-ovulatorio inibisce la produzione di antiossidanti, aumentano la concentrazione di radicali liberi a livello ovarico. Nel momento della fecondazione si verifica un’esplosione di ROS, senza la quale la fecondazione stessa non avverrebbe.
Un’altra dimostrazione che un *quid* di stress ossidativo è benefica ai processi di riproduzione.
Ecco il link allo studio:
Oxidative stress and alterations in DNA methylation: two sides of the same coin in reproduction