Quanto spesso vi capita di dire “Quando avrò perso tot kg, sarò finalmente felice”? Parliamo di abiti nuovi, perdita di peso e felicità.
Qualche settimana fa su Instagram ho parlato di come ogni percorso che prevede un cambiamento di abitudini (alimentari, legate al movimento, alla spesa…) ci richieda degli sforzi. Perché il cambiamento sia duraturo ho consigliato di ricompensare questi sforzi con piccoli ”premi”, perché la gratificazione è un elemento fondamentale per motivarci lungo la strada.
Ho ricevuto un messaggio che diceva “Vorrei premiarmi con un vestito, ma sento di non meritarlo perché il mio corpo non è all’altezza”.
Visto che mi capita spesso di affrontare questo discorso con le mie pazienti, ho pensato di approfondire il nesso tra perdita di peso e felicità, o meglio: procrastinazione della felicità.
Sarò felice quando…
Una delle colonne portanti del pensiero disfunzionale che caratterizza tanti percorsi dietetici consiste nell’associare il concetto di felicità al raggiungimento di un certo peso, di una certa forma fisica, di un certo “rigore” alimentare.
Si posticipa un ideale di felicità (che può essere più o meno estesa a diversi ambiti della vita), al momento in cui avremo raggiunto un determinato peso.
“Quando perderò x kg…”
- Potrò permettermi questo vestito/quell’acconciatura/
- Potrò mettermi in shorts per andare a fare trekking
- Mi sentirò più a mio agio in mezzo ai colleghi
- Mi curerò più di me
- Potrò permettermi quei vestiti attillati
- Mi sentirò più sicura di me ai colloqui di lavoro
- etc etc… avete capito!
Questo è un problema soprattutto nelle diete yo-yo: nel momento in cui i percorsi di dieta sono reiterati (cioè sono più di uno e da tanto tempo) si innescano dei meccanismi psicologici che tagliano le gambe e impediscono di proseguire.
La profezia che si autoavvera
Il fatto di aver già interrotto e/o abbandonato un percorso di dieta precedente senza aver raggiunto i risultati desiderati, crea una prospettiva di “profezia che si autoadempie”. Questo nutre la convinzione che se è andata male in passato, andrà male anche questa volta.
Va sempre a finire così, non cambio mai
In relazione a quello che si farà quando si avrà raggiunto un certo peso c’è una forma di procrastinazione, con un po’ di idea di predestinazione.
“Quando dimagrirò potrò permettermi questi vestiti”… ma tanto non dimagrirò mai, quindi non me li potrò mai permettere: un esempio su tutti, declinabile sotto altri aspetti.
Felici domani (… forse!)
Legando a doppio filo la felicità alla perdita di peso, la felicità stessa è spostata in avanti, in un futuro che non sappiamo bene quando si verificherà. Questo significa che, di fatto, nel presente (un presente nel quale il peso non è “quello dei sogni”) la felicità non può concretizzarsi. Non faremo caso ai piccoli episodi di felicità che costellano la vita di tutti noi – miriamo alla felicità completa e totalizzante (…nonché utopica!) legata al momento in cui i chili di troppo saranno liquefatti: solo allora saremo veramente felici!
… ma è davvero così?
E se scoprissimo che, una volta dimagrite, la felicità raggiunta non sarà comunque totalizzante come quella in cui speravamo? Magari potremo vestirci con vestiti di una taglia inferiore all’abituale: ma ci riconosceremo in essi? Basterà a darci più fiducia in noi stesse? A trovare il compagno dei nostri sogni, costruire la vita dei nostri sogni, essere la persona dei nostri sogni?
Felicità, perdita di peso e auto-sabotaggio
Mi collego al punto precedente: quando si idealizza la perdita di peso, si tende a estremizzare la felicità che il raggiungimento di un certo traguardo di peso potrebbe darci.
Per anni ci convinciamo che “Quando perderò peso…”
- Sarò più sicura di me
- Sarò più felice
- Sarò più a mio agio con il partner
- I miei figli mi apprezzeranno di più
- La mia vita sarà splendida
- Riuscirò a impormi sul lavoro
… Fateci caso, sono tutti obiettivi falsamente legati alla perdita di peso.
Man mano che ci si avvicina al peso tanto desiderato, ci si rende conto che (in realtà) la vita più o meno è sempre quella.
Sì, forse ci si sente un pochino più a proprio agio, con un livello di autostima maggiore… ma tante altre cose che erano riferite al traguardo del peso non sono cambiate, perché richiedono un lavoro su di sé, che va molto oltre il corpo.
Proprio per aver procrastinato per tanto tempo l’idea di felicità che non si sta verificando, nonostante il falso obiettivo raggiunto, ecco che si innesca un meccanismo di autosabotaggio tale per cui alcune diete falliscono proprio perché si realizza che non è cambiato nulla.
… E allora tanto vale tornare indietro.
Cosa si può fare nel frattempo?
Qualche consiglio per voi.
Si vive comunque
Nel frattempo, si vive comunque!
Non in un limbo del non potersi permettere, del non essere felici. Si cerca di vivere diversamente il percorso: tutto quello che è legato al traguardo viene anticipato ad oggi. In questo modo vivo la dieta diversamente, perché mi rendo lecito di essere felice e di permettermi cose che finora ho solo procrastinato.
Che problema c’è a comprare vestiti belli nei quali ci si sente bene, prima di essere dimagrite? Anzi è un fattore in più che permette di apprezzare maggiormente il proprio corpo durante il percorso di dimagrimento, inserendo un elemento di piacere che è fondamentale.
Teniamo sempre presente che i vestiti che cadono bene su una persona, dipendono più dalle forme che non dal peso (vi invito a visitare il sito di Anna Turcato, che fa un grande lavoro su questo!). Alcune forme e proporzioni del corpo rimangono le stesse a qualsiasi dimensione e peso, imparare quali forme dei vestiti esaltano di più la nostra fisicità permette di non procrastinare la piacevolezza con la quale si vive il proprio corpo.
Fermiamoci alla realtà
Focalizziamo cosa può renderci felici *qui ed ora*, nel nostro presente o nel nostro immediato futuro. Evitiamo di collocare la felicità in un momento fumoso dei prossimi mesi o anni: avviciniamola.
Siamo in grado di essere felici anche senza il raggiungimento di un obiettivo dietetico: questo non significa che perseguire il cambiamento alimentare sia inutile! Ma che la nostra felicità non è subordinata ad esso.
Mettiamo a fuoco le convinzioni disfunzionali
Cito un piccolo testo di Gandhi:
- Ciò che ci ripetiamo continuamente diventa una convinzione
- Le convinzioni diventano i nostri pensieri
- I pensieri diventano le nostre parole
- Le nostre parole diventano le nostre azioni
- Le nostre azioni a quel punto diventano un’abitudine
- Le abitudini diventano i nostri valori
- I nostri valori diventano il nostro destino.
Alla base degli ostacoli che incontriamo (soprattutto se ci sono familiari e li abbiamo incontrati più volte!) ci sono sempre delle convinzioni su noi stessi che ci mettono i bastoni tra le ruote: spesso ci fanno credere di non poter cambiare, di essere “destinati” a essere in un certo modo.
Possiamo lavorarci: sono convinzioni fondate? Siamo davvero così come pensiamo di essere? È davvero scritto nella pietra? Possiamo aggirare queste convinzioni, o contestarle? Davvero siamo incapaci di cambiare?
Se sentiamo di non riuscire da soli, possiamo sempre chiedere il supporto di uno psicologo/psicoterapeuta.
Per approfondire il tema della felicità raggiungibile attraverso la perdita di peso, non posso che consigliarvi l’ebook “A dieta da una vita” della dott.ssa Liana Cassone (psicoterapeuta), da cui sono tratti molti dei testi e delle riflessioni presenti nell’articolo.