L’alimentazione vegetariana e vegana, può essere anche antinfiammatoria? Ne parliamo oggi!
Qualche settimana fa, parlando di alimentazione antinfiammatoria, una follower mi ha chiesto: “Si può continuare a seguire una dieta vegetariana o vegana insieme a quella antinfiammatoria?”
Ho pensato di rispondere in un articolo, perché il discorso merita un approfondimento che non è possibile fare sui social.
Un’alimentazione antinfiammatoria in ottica vegetariana/vegana è certamente fattibile, tuttavia bisogna fare attenzione ad alcuni errori comuni che portano la dieta ad essere sbilanciata, non tanto in termini di macronutrienti quanto di agenti infiammatori.
La scelta vegetariana/vegana deve essere consapevole tanto quella onnivora!
Gli errori comuni
Parliamo degli errori più comuni che si possono commettere quando si passa a un’alimentazione priva di carne pesce e/o proteine animali e si sta cercando di tenere sotto controllo l’infiammazione.
Consumo frequente di formaggi come fonte proteica
Questa scelta è controproducente per tre motivi:
- Picco insulinemico
- Basso potenziale saziante
- Qualità della materia prima
Picco insulemico
I formaggi hanno un elevato indice insulinemico: come abbiamo visto parlando di alimentazione antinfiammatoria, troppi picchi di insulina mantengono in atto e non modulano al ribasso l’infiammazione.
Basso potenziale saziante
Tendono ad essere poco sazianti rispetto ad altre fonti proteiche. Sono più utili come insaporitore (un’insalatona con noci e scaglie di pecorino), come ingrediente (burger di zucchine e feta) o come parte di un pasto più complesso, mentre sono poco indicati ad essere il protagonista esclusivo di pranzo o cena.
Qualità della materia prima
I formaggi devono essere qualitativamente ottimi: più spesso lo si mangia, più è importante dare spazio a un’ottima qualità del formaggio. È importante quindi non scegliere il formaggio del supermercato. Senza andare per forza nella malga a 3000 metri di quota per procurarci il formaggio d’alpeggio, si possono però cercare formaggi di qualità tipici della propria zona da allevamenti non intensivi. Come è noto, il formaggio è derivato dal latte, e il latte dell’animale (tanto quanto quello della mamma!) risente fortemente dello stress dell’animale, del suo tipo di nutrizione, del metodo di allevamento, della qualità del suo riposo. Tutti dati poco compatibili con gli allevamenti intensivi.
I formaggi prodotti da allevamenti non intensivi, in cui l’animale abbia mangiato abbastanza erba o fieno (e non insilati), sono più ricchi di antiossidanti e di grassi positivi.
Ne avevamo parlato anche in questo articolo, in cui abbiamo analizzato alcuni studi che dimostrano che formaggi derivati da latte grass-fed siano proporzionalmente più ricchi di omega3 rispetto agli equivalenti biologici e da allevamenti intensivi.
Consumo frequente di fonti di omega6
Altro errore comune quando si passa ad un’alimentazione veg è quello di consumare troppo spesso fonti di omega 6. Come abbiamo visto, il rapporto tra omega3 e omega6 è fondamentale nell’ottica di una puntuale modulazione dell’infiammazione.
Quali sono le fonti di omega6, direte voi?
- Semi oleosi (semi di girasole, sesamo…)
- Frutta secca
- Oli vegetali (olio di semi di girasole, olio di riso… fino ad arrivare all’olio di colza e di palma).
Impossibile squilibrare il rapporto tra gli omega mangiando troppa frutta secca o semini: l’errore sta nell’utilizzare frequentemente prodotti contenenti oli vegetali.
Bisogna sempre leggere le etichette: oli vegetali sono usati per sughi e salse, burger veg, pasta sfoglia, dolci cremosi, hummus confezionato, bevande vegetali.
Consiglio in più: l’olio di girasole alto oleico è un ingrediente che rappresenta un buon compromesso tra olio vegetale e profilo dei grassi contenuti.
Frutta secca e semi
Quanto a frutta secca e semi: non crucciatevi troppo della quantità che ne mangiate, ma fate attenzione a non esporli ad alte temperature, perché i preziosi oli contenuti si deteriorano, passando ad essere pro-ossidanti per le nostre cellule. Usate frutta secca e semi a crudo, in insalata, in un pesto di verdure, nello yogurt o come snack: ma fate attenzione a non consumarli spesso se usati come ingrediente per pane, dolci, crackers e altri prodotti cotti ad alte temperature.
Oli vegetali
In ottica antinfiammatoria, l’olio extravergine di oliva è sempre quello preferibile, eventualmente alternato con olio di avocado e (in diete vegetariane, non vegane) ghee o burro di qualità.
Non conservare adeguatamente le fonti di omega3
I grassi vegetali si irrancidiscono facilmente: quando si irrancidiscono, si ossidano.
Molte persone passate a dieta vegetariana o vegana hanno iniziato ad utilizzare come fonte di omega3 l’olio di semi di lino. Effettivamente ne è un’ottima fonte, a patto che si rispettino alcune condizioni sulla conservazione.
- L’olio di semi di lino deve essere venduto nel banco frigo, e successivamente conservato in frigorifero per mantenere la catena del freddo.
- Deve essere venduto e conservato in bottiglie di vetro non trasparente (quindi scuro)
- Deve essere consumato in breve tempo, acquistando confezioni piccole (da 250ml) per favorire un rapido consumo. Una volta aperto, l’esposizione all’ossigeno fa in modo che l’olio si ossidi più velocemente, quindi nel giro di una due settimane dovrebbe essere consumato. Naturalmente, va consumato a crudo (per insalate, smoothies, contrifugati, buddha bowl, porridge…).
Badate bene: quelli elencati sono errori che anche in una dieta onnivora possono essere fatti!
Semplicemente tanto più spesso si consumano queste fonti (e nella dieta vegetariana/vegana capita abbastanza spesso), tanto più ha un impatto “l’errore”.
Nell’eBook Alimentazione Antinfiammatoria trovate molte altre indicazioni riguardo frutta, verdura, legumi e prodotti confezionati in ottica antinfiammatoria.