Omega3, latte e latticini

Siamo abituati a pensare agli omega3 nel pesce azzurro, nell’olio di semi di lino e nella frutta secca – o come integratori…

Forse non ci crederete, ma potreste anche non consumare alcuno di questi alimenti e avere comunque un ottimo equilibrio degli omega!

La discussione riguardo gli omega3 è sempre attiva: il loro potere antinfiammatorio e i numerosi benefici riconosciuti hanno fatto loro guadagnare grande fama; non mancano le raccomandazioni di assunzione: meglio l’alimento o l’integrazione? E se una persona è vegetariana/vegana, come se li procura?
Generalmente, infatti, si sente parlare del contenuto di omega3 nel pesce azzurro (sarde, sardine, sgombro, acciughe, alici), nei semi oleosi e nella frutta secca; ne sono ottime fonti anche le alghe e krill (da cui si ricavano supplementazioni vegane)… ma c’è un alimento (o meglio, una classe di alimenti) che potrebbe riservare delle sorprese.
Ebbene è il caso di parlare di latte e latticini!

Latte convenzionale, biologico e grass fed

Da ricerche più recenti è emerso che il latte grass-fed, quindi prodotto da mucche che hanno pascolato liberamente alimentandosi di erba, contiene un buon quantitativo di nutrienti benefici come acidi grassi polinsaturi omega3, l’acido vaccenico e l’acido linoleico coniugato, mentre i livelli di acidi grassi omega6 e di acido palmitico risultano ridotti.
In uno studio condotto negli Stati Uniti su 1.163 campioni di latte raccolti nell’arco di 3 anni, è stato quantificato il profilo degli acidi grassi nel latte di mucche alimentate con una dieta quasi al 100% a base di foraggio ed è stato confrontato con i profili di uno studio simile condotto a livello nazionale su latte di mucche da allevamenti convenzionali e biologici.
Un’attenzione particolare è stata portata verso le caratteristiche chiave del profilo di acidi grassi del latte, che includono il suo rapporto omega6/omega3 (più basso è, meglio è), le quantità totali di omega3, di acido linoleico coniugato e di acidi grassi polinsaturi omega3 a catena lunga.
Per ciascuno di questi parametri, si è rilevato che il latte grass-fed è notevolmente diverso sia dal latte biologico che da quello convenzionale:

  •  I rapporti omega6/omega3 erano, rispettivamente, 0.95, 2.28, e 5.77 nel latte grass-fed, biologico e convenzionale: quindi rapporto più basso tra omega6/omega3 e, come detto sopra, più basso è il rapporto, meglio è;
  • I livelli totali di omega-3 erano 0.049, 0.032, e 0.020 g/100 g di latte: il latte grass-fed ne contiene di più;
  • I livelli totali di acido linoleico coniugato erano 0.043, 0.023, e 0.019 g/100 g di latte: il latte grass-fed ne contiene di più;
  • I livelli di acido eicosapentaenoico erano 0.0036, 0.0033, e 0.0025 g/100 g di latte: il latte grass-fed ne contiene di più.

È lecito pensare che anche i formaggi derivati da latte grass-fed siano proporzionalmente più ricchi di omega3 rispetto agli equivalenti biologici e da allevamenti intensivi.

Non solo omega3!

Uno studio condotto in Irlanda, dove prevale un sistema di alimentazione basato sul pascolo grazie a terreni fertili, un clima temperato e abbondanti precipitazioni che favoriscono la crescita dell’erba, si è visto come il latte derivato da mucche alimentate con diete a base di pascolo si differenzia per avere un maggiore contenuto di grassi e proteine con un migliore stato nutrizionale (maggiori concentrazioni di acidi grassi polinsaturi e migliore rapporto omega6:omega3) rispetto al latte che deriva da un sistema di alimentazione TMR (Total Mixed Ration, che mescola i componenti alimentari spezzettati in rapporti ottimali, così da ottenere un mangime che non abbia bisogno di ulteriore integrazione). Inoltre, è stato dimostrato che l’alimentazione al pascolo aumenta le concentrazioni di latte di una varietà di nutrienti benefici, tra cui l’acido vaccenico, l’acido linoleico coniugato, il beta-carotene e l’acido α-linolenico. Tali cambiamenti influenzano di conseguenza anche la composizione nutrizionale e le caratteristiche sensoriali dei prodotti lattiero-caseari derivati dal latte.

Pensate che uno studio tutto italiano ha analizzato cinque formaggi naturali storici del Sud Italia (Caciocavallo Palermitano, Casizolu del Montiferru, Vastedda della Valle del Belìce, Pecorino Siciliano e Caprino Nicastrese) prodotti a latte crudo e con tecniche e strumenti tradizionali, da razze autoctone allevate con sistema estensivo, valutando gli effetti del mese di produzione sulla composizione in termini di livelli di acidi grassi monoinsaturi, acidi grassi polinsaturi, omega6, omega3, vitamina E, retinolo, colesterolo, TPC, TEAC e GHIC.
Si è visto che nel periodo primavera/estate, quando le mandrie hanno la possibilità di brucare, i prodotti caseari contengono più omega3, proteine e grassi rispetto a gennaio. In sostanza, i formaggi prodotti nei mesi primaverili hanno mostrato un’alta qualità nutrizionale dovuta alla maggiore presenza di composti salutari provenienti dall’alimentazione estensiva.

Cosa ci dicono questi dati?

In realtà, sarebbe improprio definire latte e derivati una fonte ottimale di omega3, ma le ricerche permettono di trarre importanti conclusioni:

  1. Prima di tutto dimostrano quanto la dieta dell’animale incida sulla qualità del prodotto finito. La composizione del latte è influenzata da una varietà di fattori, come la genetica, la salute, lo stadio di lattazione etc., ma la dieta dell’animale rimane un meccanismo chiave attraverso il quale si possono incentivare le sue caratteristiche nutrizionali e di lavorazione. È evidente che l’alimentazione al pascolo ha un impatto positivo sul profilo nutrizionale del latte, sulle caratteristiche funzionali, sul colore e sulle proprietà del latte.
  2. Queste differenze nel latte possono aiutare a ripristinare l‘equilibrio omega3/omega6 all’interno della nostra alimentazione.
    Facciamo un passo indietro.
    L’importanza degli omega3 non è legata tanto al loro valore assoluto, quanto al rapporto relativo al quantitativo di omega6. Il rapporto ideale tra omega3 e omega6 dovrebbe essere (all’incirca) 1:1 o 1:3… Ecco, pensate che nella Western Diet si parla di un rapporto 1:10 a favore degli omega6, e questo non a causa di un minor consumo di fonti di omega3, quanto ad un abuso di fonti di omega6: prodotti industriali ricchi di grassi vegetali in primis, senza dimenticare il contributo nocivo dato da latte, formaggi, uova e carne da allevamenti intensivi (come abbiamo visto, l’alimentazione ad insilati è a svantaggio del profilo nutrizionale del prodotto finale).

Alcuni studi condotti a inizio Novecento dimostravano che alcune popolazioni alpine (nello specifico, delle valli Svizzere) senza alcun accesso a prodotti ittici (nota fonte di omega3) potevano comunque vantare un’alimentazione con un perfetto equilibrio degli omega: questo in parte grazie ad un bassissimo consumo di alimenti ricchi di omega6, in parte grazie al contributo di omega3 da latte e formaggi provenienti da allevamenti completamente estensivi.

Sempre in merito al rapporto tra gli omega nell’attuale Western Diet va ricordato che per riequilibrare il rapporto tra gli omega le strade due: aumentare gli omega3 o abbassare gli omega6.
Purtroppo, aumentare il consumo di omega3 non è così facile! Gli omega3 infatti sono molto sensibili e si deteriorano molto facilmente in caso di esposizione alla luce, al calore e all’ossigeno. Ma soprattutto la maggior fonte di omega3, ossia il pesce, è poco reperibile, potenzialmente inquinato e costoso (senza contare che molte famiglie non consumano pesce semplicemente perché non lo sanno cucinare).
La strada più facilmente percorribile è quella di diminuire il consumo di omega6, semplicemente evitando il cibo processato e/o industriale.

In conclusione

Questi studi dimostrano come i sistemi di produzione e di allevamento abbiano un impatto forte sulla qualità e il profilo nutrizionale degli alimenti. È evidente che i prodotti derivati da allevamenti estensivi e grass fed si classificano in modo molto diverso rispetto a quelli provenienti da allevamenti intensivi, o addirittura rispetto a equivalenti “biologici”: pertanto, andrebbero quindi considerati in modo diverso all’interno della nostra alimentazione.

Nulla va demonizzato o santificato: tra i fattori che dovrebbero pesare sulla scelta, quello della qualità è sicuramente tra i primi. Ecco perché insisto sempre così tanto sulla qualità di quello che mangiamo.

Spero che l’articolo vi sia stato utile nello sdoganare alcuni preconcetti riguardo ai latticini!

Gli studi citati:
The “Grass-Fed” Milk Story: Understanding the Impact of Pasture Feeding on the Composition and Quality of Bovine Milk
Enhancing the fatty acid profile of milk through forage-based rations, with nutrition modeling of diet outcomes
The Quality of Five Natural, Historical Italian Cheeses Produced in Different Months: Gross Composition, Fat-Soluble Vitamins, Fatty Acids, Total Phenols, Antioxidant Capacity, and Health Index