Selettività alimentare nei bambini

Oggi a parlarci è la Dr.ssa Ileana Gervasi, Dietista specializzata in Nutrizione Pediatrica.

 

Arriva d’improvviso, come un fulmine a ciel sereno: “io questo non lo mangio!”, “che schifo!”, “toglilo dal mio piatto!”.

Rimani sorpresa e non sai cosa fare perché non la trovi una spiegazione a questo comportamento, quando fino a ieri il tuo bambino aveva sempre mangiato senza problemi quel determinato alimento.

Ti voglio innanzitutto rassicurare, dicendoti che si tratta di un comportamento abbastanza tipico nei bambini piccoli, è una fase che si attraversa con più probabilità tra i 2 e i 5 anni. Qualche volta questa fase è passeggera e come è venuta, da sola, se ne va. Spesso si trasforma però nell’avvio di una serie di dinamiche spiacevoli durante l’ora dei pasti e di un’alimentazione sempre più monotona e ripetitiva. Per questo ritengo importante conoscere come mai ad un certo punto sopraggiunge e perché proprio a questa età; conoscerlo permette di capire la situazione, di fornire risposte adeguate e di aiutare il tuo bambino ad instaurare una buona alimentazione e un buon rapporto con il cibo, entrambi importanti.

Concedimi quindi di fare un passo indietro e parlarti della neofobia, ovvero di quella fase che tutti i bambini passano in cui compare la diffidenza verso il cibo, soprattutto se nuovo, poco conosciuto o qualche volta anche solo se presentato in maniera diversa rispetto a come è stato più spesso consumato. Per qualche bambino si manifesta con pochi rifiuti o qualche reticenza all’assaggio e si conclude in fretta, per altri invece compare in maniera più marcata.
Dobbiamo in realtà ringraziare la neofobia, perché è la causa della diffidenza all’assaggio indiscriminato, porta a valutare bene cosa ingerire e cosa no. Dico che dobbiamo ringraziarla perché ha avuto un ruolo evolutivo fondamentale e ha concesso all’essere umano di arrivare ai nostri giorni. Mi spiego meglio: ci pensi a cosa succederebbe se i bambini ingoiassero di tutto senza scrupoli? Ai giorni nostri sarebbe magari meno pericoloso, è difficile che in una casa siano presenti alimenti velenosi o mortali, ma se ciò fosse accaduto molti anni fa, quando i bambini non sempre potevano contare sull’occhio vigile di un adulto che evitasse loro di mangiare una pianta o una bacca velenosa oppure del cibo avariato?

Da qui origina la difficoltà del tuo bambino ad assaggiare cose nuove, soprattutto se non ha mai visto te o persone per lui importanti mangiarle. Essere diffidente fa parte del suo DNA, si tratta della spinta a conservare la specie. La neofobia appare più spesso dopo il primo anno di vita, cioè quando il bambino ha imparato a camminare, spostarsi e arrivare potenzialmente a procurarsi ciò che vuole, proprio perché ha un significato di protezione. È quindi normale che ad un tratto possa comparire, la portata e la durata con cui si manifesta possono dipendere in parte anche dalla genetica e da motivazioni non controllabili.

Non temere! Rimane pur vero che l’ambiente in cui vive il tuo bambino ricopre un ruolo fondamentale nel modellarne i comportamenti e questo vale anche per il comportamento alimentare. Si tratta di una cosa importantissima, perché ti concede la possibilità di essere un esempio per il tuo bambino e soprattutto di potergli essere d’aiuto. Tu puoi davvero fare la differenza!

Conoscere l’esistenza della neofobia ti rende anche in grado di interpretare meglio la situazione a cui stai assistendo e ciò che può provare il tuo bambino. Risulta più facile ora capire come tutte le forzature (“finché il piatto non è pulito non ti alzi da questa sedia!”), le suppliche (“ancora 2 cucchiai dai!”) o i piccoli ricatti (“se mangi le zucchine potrai avere il biscotto!”) non funzionano. Non lo fanno per una questione semplice: non tengono conto di ciò che sta succedendo e cioè che la difficoltà del tuo bambino nell’affrontare quel pasto è reale. Non si tratta di capricci. La motivazione per ottenere l’assaggio non può essere avere il piatto pulito, ricevere un premio o rendere contento qualcuno. Bisogna trovare la giusta leva interna e consentire la familiarizzazione con gli alimenti.

Quindi il rifiuto va assecondato? No! Ma va capito e rispettato!

Capirlo significa comprendere che non si nasce con la consapevolezza di ciò che è giusto mangiare e cosa no, cosa è buono e cosa no. Mangiare si configura piuttosto come un imparare a mangiare. Non è un caso se ogni cultura ha delle proprie preferenze anche in ambito alimentare: sono i cibi che si impara ad apprezzare da quando si è bambini e che vengono tramandati di generazione in generazione. Leggere la situazione attraverso queste lenti di consapevolezza ti consente di guardarla con la giusta prospettiva. Il tuo bambino va aiutato a familiarizzare con il cibo e ad imparare a mangiare una buona varietà di alimenti, attraverso associazioni positive e ripetute esposizioni. Hai una grande responsabilità, ma ti assicuro che può essere un viaggio bellissimo!

La fase della neofobia tende a risolversi intorno ai 6 anni, quando cioè la velocità di crescita torna ed essere più sostenuta e il bambino è ben inserito in un tessuto sociale che consente un buon rimando e l’imitazione di comportamenti positivi. Non per questo è meno importante sapere come trattare questi rifiuti e queste difficoltà a tavola, anzi!
In primo luogo è cosa buona avere un’alimentazione più varia possibile, in quanto un’alimentazione sana è importante per consentire una crescita ottimale, questo è chiaro. Inoltre, sentirsi a proprio agio con il cibo e rendere piacevole il momento dei pasti getta buone basi per un sereno rapporto con il cibo stesso. Una selettività radicata può invece peggiorare tutto questo: il momento dei pasti può trasformarsi in una tortura, tanto da sentirti crescere l’ansia quando è il momento di decidere cosa preparare per cena. Scatta poi il pensiero “pur che mangi” che ti porta a scendere a patti su salubrità e adeguatezza delle proposte e ad adottare un atteggiamento insistente, cercando di convincere a mangiare quel pochino di cibo in più.
In secondo luogo, questa fase può essere il trigger di un percorso alimentare che porta ad un’esclusione sempre maggiore di alimenti e una diminuzione della varietà alimentare che può perdurare fino all’adolescenza e avere ripercussioni sulla crescita. L’adolescenza poi è un terreno fertile per lo sviluppo di difficoltà nell’alimentazione, meglio arrivarci preparati! Senza contare che bambini selettivi hanno generalmente un’alimentazione più squilibrata oltre che ristretta, in quanto tendono a consumare più zuccheri e meno fibre. Tendenza questa che, insieme al pensiero “pur che mangi”, può paradossalmente portare ad una maggiore possibilità di sviluppare obesità, con tutti i problemi fisici, psicologici e sociali che essa comporta.

Sebbene non esistano in realtà categorie definite e riconosciute si può parlare di bambini altamente selettivi, detti anche Picky eaters, se gli alimenti consumati sono meno di 30. L’aiuto di un professionista dell’alimentazione (collaborando quando serve con altre figure professionali) consente in generale di acquisire conoscenze e abilità utili a far apprezzare al bambino e alla sua famiglia un’alimentazione varia e bilanciata, in particolare con un bambino altamente selettivo si attuano strategie atte a far tornare il momento dei pasti di nuovo piacevole e ad ampliare la gamma di alimenti consumati. Un percorso di educazione alimentare generico non avrebbe la stessa efficacia. Spesso, infatti, i genitori sanno già benissimo come dovrebbe mangiare il loro bambino, il problema sovviene nel momento in cui il cibo proposto viene rifiutato!
Si può arrivare anche a disordini o disturbi alimentari, con bambini che mangiano meno di 20 alimenti, in alcuni casi anche meno di 10. Questa dinamica non solo non consente un’alimentazione sufficiente, varia e bilanciata, ma può anche influenzare lo stato di salute, comportare deficit di crescita e compromettere la socialità, nel momento in cui il bambino non partecipa a feste, compleanni e altre occasioni sociali o evita la mensa scolastica per paura di non trovare cibo da lui accettato.

Tutto quanto sopra descritto è ciò che mi ha portato a ritenere molto importante lavorare con le famiglie, per poter collaborare insieme a “mettere fine alle battaglie durante l’ora dei pasti”: gettare le basi per una sana alimentazione e un buon rapporto con il cibo è un percorso che parte fin da piccoli e può essere un grande regalo per tutta la vita, oltre che un’occasione di scoperta e miglioramento delle abitudini di tutta la famiglia.